Nel periodo non collegato: riflessioni in isolamento

Ezio Luzzi, una delle voci inconfondibili di Novantesimo MInuto, iniziava spesso il suo collegamento dallo stadio con questa frase ormai divenuta leggendaria: “Nel periodo non collegato…“. Dava pienamente l’idea che qualcosa fosse realmente successo in quel lasso di tempo che sembrava non vissuto, oppure occultato. E’ accaduto e accade anche a noi in questo “tempo sospeso”, in cui anche se paradossalmente sempre più connessi “virtualmente” ci astraiamo sempre più dal “reale”, cioè tutto ciò che accade e che sta accadendo in questo periodo non collegato. Il protagonista del racconto riflette proprio su questo, su quanto ci siamo persi di quanto è accaduto nel resto del mondo fuori, mentre cercavamo rifugio in una realtà “altra”.

Voci dal passato, una radio, una giornata di sole, di quelle primaverili, indimenticabili, un pallone da calciare contro il muro e la voce di Ezio Luzzi: “Nel periodo non collegato l’Atalanta è andata vicino alla rete in almeno due occasioni ma nella prima occasione il portiere si è opposto e nella seconda il biondo attaccate svedese l’ha tirata alta… in questo momento non ci sono altre cose da segnalare da Bergamo è tutto… la linea allo studio…“.
Già, “nel periodo non collegato”, cos’è successo nel periodo non collegato? Cosa ci si siamo persi mentre vivevamo nel nostro tempo sospeso? Cosa abbiamo escluso dalla nostra vita artefatta, dalle nostre tiepide case in cui in qualche modo siamo sopravvissuti?
Siamo nella fase 2, quasi fase 3, (millequattro quasi millecinque direbbero i villici nell’indimenticato film Non ci resta che piangere) e ci accorgiamo solo adesso che il mondo è andato avanti nonostante la sospensione, nonostante il Covid-19, nonostante le torte, le pizze, le serie televisive, le nostre paure, speranze, sogni e incubi.
E così nel periodo non collegato è successo…
Che uomini, donne e bambini provenienti da lontano hanno continuato il gioco (The Game) consistente nel superare in uno modo o nell’altro un confine, perché il loro nemico non era il Covid, almeno non il peggiore, ma l’uomo nelle sue più abiette versioni. Che però alle guardie di frontiera di un democratico paese comunitario questo gioco davvero non piaccia e in qualche modo deve terminare, anche a costo di sparare ad altezza d’uomo, e più volte, purtroppo, è accaduto.
Che alcuni di questi uomini in qualche modo, però, ce l’hanno fatta e hanno bussato alle nostre porte, ma noi non ce ne siamo accorti chiusi com’eravamo nel nostro tentativo di sopravvivenza.
Nel periodo non collegato è successo che è scomparso un mondo fatto di storie, narrazioni, memorie, carezze e affetti che non tornerà più.
È successo anche che qualcuno con ansia ha contato i soldi e i giorni che lo separavano dal “sussidio” prestato dallo stato.
Nel periodo non collegato è successo che, seppure fortemente connessi, siamo stati del tutto assenti gli uni nei confronti dell’altro, nonostante gli hashtag, i balconi e i rosari.
Nel periodo non collegato, questo paese ha avuto bisogno di eroi che avrebbero voluto solo svolgere il loro lavoro ritornando a casa dalle loro famiglie, perché maledetto è il paese che ha bisogno di eroi.
Nel periodo non collegato è successo che sono morti per via di uno sciopero della fame fino alla morte (death fast), nel tentativo di preservare la libertà di parola e di espressione, due dei membri del Grup Yorum, curdi perseguitati dal satrapo turco che tanto piace all’occidente.
Nel periodo non collegato è successo che…
Ma poi all’improvviso ci siamo svegliati e ci siamo accorti che il mondo era andato avanti senza di noi, che il virus “petaloso e misericordioso” non ci avrebbe fatto il dono di una nuova era dell’Acquario o di un’altra umanità, ma che in realtà aveva lasciato solo macerie e dolore.
Che nulla di buono sia nato dall’opera “santifica” del virus ce l’ha ricordato il ginocchio pesante di un poliziotto bianco americano premuto sul collo di un nero d’America.
Ce l’hanno ricordato le violenza subite in silenzio dalle donne ora di nuovo al centro della scena triste del nostro mondo violento.
E ce l’hanno ricordato i costruttori di mondi che noi chiamiamo scrittori, gli uomini e donne che questi scrittori aiutano a divenire parte del mondo letterario, i musicisti, e chi porta la musica nel mondo, a cui gratis abbiamo chiesto una colonna sonora per la quarantena, come se l’arte non avesse un prezzo, il prezzo della vita.
E allora quasi quasi era meglio quando non eravamo collegati, quando pur connessi con il mondo riuscivamo così bene a restare fuori dal tutto, sperando in un nuovo giorno di resistenza, quasi protetti dalla quarantena, addirittura, alcuni, rassicurati dalla presenza settimanale del Premier in Tv come in una sorta di romanzo distopico o uronico.
E allora forse, perché no, riaccendo una radio immaginaria, mi siedo sulla sedia che durante la quarantena mi ha cullato nelle ore di solitudine, mi godo il fresco del balcone e ascolto antiche voci narrare un calcio che ora non c’è più… Tonino Raffa da Reggio Calabria: “Bonazzoli… il goal di Bonazzoli… Reggina in vantaggio esplode il Granillo“.
E mi perdo nei ricordi di un periodo non collegato.

Il racconto ha partecipato al contest “Vicini e lontani – Emozioni dopo la tempesta” di Infinito edizioni.

Mi piace moltissimo una frase che l’autore cita nel suo testo e cioè l’espressione “mondo sospeso“… Anche l’autore, come me, parla del periodo di lockdown come se fosse stato un breve tragitto in cui abbiamo perso qualcosa di importante. Ognuno di noi nel suo piccolo ha perso molto… ABBIAMO “PERSO” PIÙ STANDO FERMI IN QUARANTENA CHE “VIVENDO” LIBERI UNA VITA INTERA…”

Germana Trinca

Acquista l’intera raccolta qui.